1. Come noto, una delle principali finalità che il PNRR intente perseguire è quella dell’abbattimento della durata dei processi. In particolare, oltre che con la riforma del processo civile ed il potenziamento della Mediazione, tale scopo doveva essere perseguito grazie alla composizione negoziata della crisi, la quale avrebbe dovuto ridurre il numero, e di conseguenza la durata media (oggi stimata dalla Cassazione tra i 5 e i 7 anni, Cass. Civ. 27 agosto 2018, n. 21200 in materia di indennizzo “Pinto”, ma che in alcuni casi possono superare facilmente i 10/11) delle procedure concorsuali. Alla luce di questa considerazione, perché le Camere di Commercio non sono state investite di adeguati strumenti di diffusione e pubblicizzazione di questo strumento, visto anche l’impatto che tale abbattimento può apportare sul sistema economico nazionale?
2. Da una rapida analisi delle domande che fino ad oggi sono state sottoposte, si può notare che la maggior parte delle imprese che hanno presentato la domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi hanno chiesto contestualmente anche l’accesso alle misure protettive, dimostrando pertanto di essere già entrate in una fase di crisi avanzata (in alcuni casi anche di conclamata insolvenza). Tuttavia, il legislatore aveva immaginato lo strumento della composizione negoziata come una procedura finalizzata ad intercettare preventivamente una possibile crisi aziendale (si parla, appunto, di pre-crisi). Idealmente, pertanto, la nomina dell’esperto dovrebbe avvenire prima della eventuale richiesta di misure protettive, le quali, nel caso, potrebbero essere successivamente richieste ove necessarie al tribunale, anche con un parere positivo dell’esperto, aumentando pertanto al possibilità che queste vengano concesse. Perché non è stata adeguatamente chiarita la funzione di rilevazione preventiva in maniera riservata della crisi da parte del legislatore presso gli Ordini professionali e le Camere di Commercio?
3. Oltre alle competenze in materia aziendale e contabile l’esperto è chiamato a gestire in maniera efficiente la trattativa tra l’imprenditore ed i creditori, tanto che lo stesso D.lgs. 118/2021 parla di esperto quale facilitatore. Tuttavia, la normativa sulla formazione dell’esperto prevede, al momento, soltanto una residua parte del percorso per l’acquisizione del titolo (15 ore su 55) sul tema della gestione delle trattative. Perché il corso di formazione non è stato modellato sulla base di quello per conseguire il titolo di mediatore civile e commerciale con una formazione di almeno 50 ore sul tema della facilitazione e della gestione delle trattative, oppure, perché non e stato previsto un obbligo per l’esperto di avvalersi di un mediatore professionista per la gestione delle trattative?
Federico D’Imporzano
Diego Comba
ALCUNE DOMANDE DI CARATTERE PRATICO
Alessandro Turchi
LA COMPOSIZIONE NEGOZIALE
DELLA CRISI D’IMPRESA: COSA E’ SUCCESSO IN QUESTO ANNO?
A oltre un anno dall’entrata in vigore della norma che ha introdotto la composizione negoziata della crisi di impresa, vi sottoponiamo alcuni dati a consuntivo sui numeri della procedura e alcune riflessioni in merito, anche nell’ottica di promuovere un potenziamento di tale strumento nel corso del 2023.
Unioncamere, che gestisce la piattaforma telematica su cui vengono iscritte le procedure di composizione negoziata, ha progressivamente pubblicato i dati sul suo funzionamento e ha presenta lo scorso 16 novembre a Roma un consuntivo annuale che viene costantemente aggiornato.
Il primo dato da analizzare è quello relativo al numero di istanze presentate alle Camere di Commercio le quali risultano essere un migliaio di cui 498 accolte (alla data 26 novembre 2022): ciò significa che circa la metà delle domande presentate sono risultate non completate!
Inoltre va rimarcato che solo 1/3 delle imprese effettua il test pratico di valutazione.
Un dato significativo è inoltre rappresentato dal numero di procedure chiuse vale a dire 107, di cui 2 sole positivamente con un accordo tra l’impresa e i suoi creditori, mentre le restanti negativamente per le seguenti ragioni:
(Fonte grafico: Osservatorio Unioncamere https://www.unioncamere.gov.it/comunicazione/primo-piano/crisi-dimpresa-un-anno-di-composizione-negoziata-presentato-il-rapporto-unioncamere)
Risulta poi che le Camere di Commercio hanno rifiutato ben 35 istanze per mancata integrazione nei 30 giorni richiesti dalla legge.
Si tratta in ogni caso di dati di tutto rispetto che è corrisposto a un significativo decremento del numero di procedure concorsuali: occorre evidentemente tener conto del fatto che si tratta di uno strumento potentemente innovative che, dunque, risulta del tutto prematuro tirare le fila ad un solo anno dall’entrata in vigore.
I settori più interessati delle imprese che hanno presentato istanza di composizione negoziata sono:
In termini di fatturato:
Da sottolineare che, fra le imprese che hanno avuto accesso alla composizione negoziata, circa il 32% detiene un patrimonio netto negativo (in media, tale valore è di circa 5,5 milioni).
In termini geografici, le domande risultano ripartire nelle aree che scontano una maggior presenza industriale: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto.
(Fonte grafico: Osservatorio Unioncamere https://www.unioncamere.gov.it/comunicazione/primo-piano/crisi-dimpresa-un-anno-di-composizione-negoziata-presentato-il-rapporto-unioncamere).
Rispetto alle 500 procedure circa avviate, salta agli occhi il numero sproporzionato degli esperti iscritti negli appositi elenchi: circa 3.560 provenienti per il 50% da Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Tra di essi vi sono commercialisti che rappresentano l’80,8% degli iscritti, avvocati (17,9%), i dirigenti d’impresa (1,1%) e i consulenti del lavoro per la restante parte.
Per rendere questa procedura maggiormente efficace e consentire che essa si allarghi a macchia di leopardo occorre indubbiamente porre in essere una serie di pratiche virtuose e accertarsi che i consulenti a cui si affida l’assistenza in tale iter siano a loro volta esperti e specializzati in questa materia e in particolare:
Sarebbe inoltre auspicabile che il legislatore rafforzasse le misure premiali (rateizzazioni maggiori, stralci del debito, etc), semplificasse l’iter procedimentale alleggerendo il numero di documenti da produrre, migliorasse la forza negoziale nei confronti di banche e fisco (ex stralcio del debito, forme di garanzia pubblica).
Il 68,63% delle imprese ha richiesto le misure protettive vale a dire 326 imprese.
È infine opportuno che il coinvolgimento dei tribunali, quando siano richieste misure cautelari o protettive di tutela del patrimonio aziendale e delle trattative, non si trasformi in troppo rigide e premature valutazioni sulle prospettive di risanamento che, di fatto, precludono un effettivo dialogo tra impresa e creditori.
L’attenzione nel concedere queste misure può essere comprensibile in una prospettiva di contenimento degli abusi. Ma un’eccessiva severità di giudizio può rivelarsi di ostacolo al perseguimento di soluzioni che possono essere individuate o, comunque, messe a punto in termini sostanziali proprio grazie al dialogo con i creditori. Il legislatore ha scelto di evitare automatismi di queste forme di protezione. E ha preteso che le stesse dipendano da un provvedimento giudiziario. Ma sul piano applicativo occorre che i tribunali gestiscano questa fase processuale sempre con l’equilibrio imposto dalle finalità della composizione negoziata, senza sostituirsi alle valutazioni dei creditori.
Alla luce di tali dati e di quelli più estesamente riportati nella relazione emerge quanto segue:
Diego Comba
Monica Rosano